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Una notte senza Luna, Michela Murgia e la Lilith

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Michela Murgia è morta il 10 agosto, la notte di San Lorenzo, nel buio di un cielo quasi senza luna.
Le notti senza Selene vengono chiamate le notti della luna nera, e sono le notti di Lilith la prima donna creata da Dio, che a differenza di Eva voleva però essere libera.
Beh, non proprio a differenza di Eva.
Ma andiamo con ordine.

La leggenda di Lilith, demone-femmina, possiede un’ampia letteratura diffusa sia in epoca antica, medievale e moderna.
Questo mito affonda le sue origini nella religione mesopotamica e nei primi culti di quella ebraica.
Nella religione Mesopotamica, Lilith, è un demone femminile portatore di sciagure e morte, legata al vento e alla tempesta Nella religione ebraica, invece, Lilith è la prima moglie di Adamo che si rifugia nel Mar Rosso per fuggire dal marito.
Lilith, infatti, essendo stata creata da Dio insieme ad Adamo con lo stesso fango, pretendeva di avere anche gli stessi diritti, che, però, le furono negati.
Per questo suo gesto di ribellione fu associata a un demone notturno, che compariva in forma di civetta. Tuttavia, per le femministe di fine Ottocento, Lilith diventò simbolo della libertà delle donne in quanto figura archetipica rimossa dalla società patriarcale nella quale, ancora, viviamo.
Per quanto riguarda il nome di Lilith, le fonti sono scarse.
Sicuramente è rintracciabile la radice sumera Lil, che è presente nei nomi di varie divinità assiro-babilonesi e di spiriti cattivi.
Nella religione accadica si rintracciano scongiuri e preghiere contro figure maligne e demoniache di nome Lilitu o Lilu.
Tuttavia nel 2000 a. C. sembra che il nome fosse diventato Lilake e Lilake, che sarebbe stata una figura demoniaca femminile, che risiedeva nel tronco di un salice, custodito dalla dea Inanna, Signora del Cielo ed equivalente della romana Venere.
Un’ etimologia ebraica, invece, farebbe derivare il nome di Lilith da Layl o anche Laylah, dallo spirito della notte.
Tuttavia gli studiosi moderni ritengono che l’origine del nome sia nel sumerico; Lulu che significa libertinaggio. Lilith sarebbe, dunque, un demone notturno lascivo e libidinoso.
 
Il Rilievo Burney è un altorilievo di terracotta, conservato al British Museum, risalente al II millennio a. C. probabilmente di origine babilonese. Raffigura una divinità, non ancora bene identificata, che, però, potrebbe essere Lilith.
L’immagine scolpita è una figura ibrida, disposta in piedi frontalmente, con le braccia aperte e piegate come se stesse pregando, le mani congiunte e le dita unite. La bocca è atteggiata in un vago sorriso, l’espressione è ieratica e ineffabile. Quattro serpenti intrecciati e sovrapposti formano un cono, i seni si protendono prosperosi. Le gambe sono femminili ma i piedi sono artigli di avvoltoio che spuntano dalle dita rugose.
Lilith tiene nelle mani due stelle a cinque punte inscritte in un cerchio.
Ai lati sono rappresentati due volatili, un gufo o una civetta e due leoni.
L’opera riempie lo sguardo di energia aggressiva e l’espressione di Lilith appare agghiacciante nella sua staticità
Anche nella tradizione ebraica Lilith, la prima moglie di Adamo è una creatura demoniaca di cui non fidarsi.


 La troviamo in Isaia 34:14:
“Gatti selvatici si incontreranno con iene, i satiri si chiameranno l’un l’altro; vi faranno sosta anche le civette e vi troveranno tranquilla dimora.”
 Alcuni passaggi oscuri della Genesi invece hanno fatto pensare ad un’altra donna che precedette Eva.
Nel primo libro della Genesi, si legge:
“Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò.”

Dunque ci si riferisce a due individui e la creazione di Eva è descritta nel secondo libro della Genesi, successiva a quella di Adamo, da una sua costola (Genesi 2:22):
Allora Jahvè Dio fece cadere un sonno profondo sull’uomo che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse della carne al suo posto.
Seguendo il passo biblico si legge un altro particolare interessante nella reazione di Adamo alla vista di Eva (Genesi 2:22-25):
Jahvè Dio costruì la costola che aveva tolta all’uomo formandone una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: “Questa volta è osso delle mie ossa e carne della mia carne!”


Lo stupore di Adamo che questa volta la donna sia carne della sua carne conferma che ci deve essere stata una prima volta, riferito dunque a una donna precedente creata dal suolo come lui.
Che in queste righe aleggi una rimozione e un desiderio di mutare la storia a favore del patriarcato è abbastanza evidente.
 Una fonte interessante che parla di Lilith come della prima figura femminile vista da Adamo è sicuramente L’alfabeto di Ben-Sira di un autore anonimo, scritto nel X secolo d. C. Nell’opera si racconta che Lilith lasciò Adamo e abbandonò il giardino dell’Eden.
Viene raccontato che quando i due si accoppiavano, evidentemente Lilith giaceva sotto e Adamo sopra, per questo la donna mostrava insofferenza, domandando al compagno perché dovesse stendersi sotto di lui, pur essendo stati creati insieme dal fango. Lilith proponeva, quindi, di invertire le posizioni ma Adamo gli negava questo diritto eppure Lilith chiedeva, solo, l’uguaglianza per stabilire una parità e un’armonia fra i corpi e le anime.
Ella allora disse: “Non starò sotto di te”, ed egli rispose “E io non giacerò sotto di te, ma solo sopra. Per te è adatto stare solamente sotto, mentre io sono fatto per stare sopra”
A questo punto Lilith pronunciò infuriata il nome di Dio e, accusando Adamo, abbandonò il paradiso terrestre e si rifugiò nel Mar Rosso dove, accoppiandosi con Asmodai, demone biblico, creò un’infinita generazione di demoni detti Lilim.
 
Il rifiuto di obbedire a Adamo che Lilith rivendicò, oltre ad essere un atto di ribellione nei confronti dell’uomo è anche un atto di ribellione verso Dio che, infatti, la esilia nel regno delle ombre.
E’ interessante notare come questo mito sia stato rimosso dalle Sacre Scritture, rimanendo però vivo in quelle incongruenze della Genesi e soprattutto, in Eva.
Sarà infatti Eva, spinta dall’istinto di curiosità e trasgressione, a mangiare il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male.
Da questo momento in poi non solo Lilith, ma anche Eva e tutte le altre donne verranno, consciamente o inconsciamente, associate dalla cultura giudaico-cristiana al simbolo demoniaco del serpente e quindi del Male.
 
Nella cultura cristiana Lilith è un demone, simbolo di trasgressione e peccato ma l’archetipo che rappresenta non può essere rimosso in nessun modo, perché vive nel nostro inconscio, e simboleggia la forza, la disobbedienza e la trasgressione del Femminile.
Rimuovendo la creazione della prima donna si è rimosso anche l’energia vitale delle donne, la capacità di difendere i propri diritti, la legittimazione del desiderio sessuale e la giusta parità con l’uomo, in ogni ambito, anche nella divisione del potere.
L’aspirazione e i desideri dell’Anima femminile sono stati repressi e si è esalta solo la dimensione materna del Femminile.
Agendo in questo modo le donne sono state tagliate totalmente fuori dalla costruzione della società che è, ancora oggi, prettamente maschile, e si è creato uno sbilanciamento degli equilibri tra i due sessi.
L’archetipo materno è stato esaltato a discapito di Lilith, per due ragioni: perché si garantiva la sopravvivenza della specie e perché era così più facile controllare il perturbante insito nel femminile.

Nel corso della storia dell’Occidente, la concezione giudaico-cristiana che vede la donna come fonte di peccato e perdizione ha decisamente influito sul pensiero patriarcale, e questo ha portato le donne a stare blandamente ai margini di una società controllata e costruita da uomini per gli uomini e che, non tenendo conto della diversità e della pluralità del genere umano, è destinata al collasso.
Lilith simboleggia invece la forza dell’erotismo congiunto alla dimensione dell’occulto, L’affrancamento dai vincoli e la sfrenatezza degli istinti repressi; costituisce in un certo senso la parte in ombra della psiche femminile e forse, chissà anche di quella maschile.
Per evitare la caduta in questo momento storico è necessario riscoprire la figura di Lilith, in quanto archetipo della ribellione e della disobbedienza a un potere assoluto. Lilith è un mito che  agisce nella psiche di tutti, maschi e femmine, ed è quindi, risorsa dell’umanità intera.  

 
 
Soprattutto Lilith invita il femminile a non aver paura a dire e a fare ciò in cui crede. In questo senso Michela Murgia è stato un grande esempio di donna “senza paura”.

Ha approfittato della sua consapevolezza di dover andare, come Proserpina, nell’Ade per urlare un po’ più forte i diritti delle donne e delle minoranze.

NO alla sottomissione

NO alla disuguaglianza

NO alla manipolazione

NO alla prigionia

Lilith vuole essere libera. Sa quello che deve fare e lo fa.

Le parole per dirlo

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Abbiamo bisogno delle definizioni?
No, forse no.
Solamente la mente umana inventa categorie e tenta di costringere i fatti in caselle separate.
Nella realtà in natura è molto raro che si riscontrino categorie nettamente separate.
E quindi? Come facciamo a capirci?
Dal mio punto di vista ci possiamo capire con le parole; le parole sono trasformabili, aperte e accoglienti. Shackerate nel giusto modo possono diventare poesia, prosa, canzone; inventarsi quello che ancora non c’è e ricordare quello che c’era.
Le parole traccino dei confini sfumati che possono anche sparire da un giorno all’altro.
Con le parole si può giocare, si può chiamare chi ci sembra di riconoscere o colui vogliamo che faccia parte del nostro gruppo .
Le parole possono cambiare, le parole possono farci evolvere.
Colgo l’occasione di questa riflessione sul sesso, sul genere e sull’ orientamento sessuale per scrivere di nuove parole e ve ne indico alcune che danno voce al non conforme ma non restringono il campo pur dando modo di riconoscersi in esse e creare comunità.
Parole che servono un po’ a tutti per capirci e per evolverci.


TRANSGENDER Le persone transgender, che desiderino o meno modificare il proprio corpo o il proprio aspetto, sono quelle che non si riconoscono nel genere assegnato alla nascita
TRANSESSUALE Alcune persone transgender sono anche transessuali nel senso che si stanno sottoponendo, o lo hanno fatto, a un’operazione di transizione da un sesso all’altro. A volte preferiscono non definirsi transgender, ma semplicemente donne e uomini.
TRANS Espressione usata per descrivere l’esperienza di persone che vivono un genere diverso rispetto a quello assegnato alla nascita, siano esse transessuali o transgender. Una donna trans è dunque una persona il cui sesso anagrafico attribuito alla nascita è maschile, ma che invece si sente e si riconosce come donna. Un uomo trans è una persona il cui sesso anagrafico attribuito alla nascita è femminile, ma che invece si sente e si riconosce come uomo.
CISGENDER Sono le donne e gli uomini che si riconoscono nel sesso assegnato alla nascita in base ai loro organi genitali e possono essere eterosessuali, omosessuali o avere altri orientamenti sessuali; per quello che si sa; sono la maggioranza delle persone.
DI GENERE NON BINARIO Sono le persone trans che non si riconoscono né come donne né come uomini e rifiutano la concezione binaria del genere, quella per cui esisterebbero solo queste due alternative.
IDENTITA’ SESSUALE E’ il complesso degli aspetti che descrivono la sessualità di una persona; il sesso, il genere, l’orientamento sessuale e l’identità di genere. Le identità sessuali non conformi sono tutte quelle che storicamente sono state considerate una eccezione alla normalità, dunque tutte le identità sessuali diverse da quelle delle persone cisgender ed eterosessuali.
QUEER E’una parola inglese che in passato significava “strambo”, “eccentrico” e in senso dispregiativo, “finocchio”, “frocio” Negli anni novanta, però, le stesse persone etichettate come queer si sono riappropriate del termine utilizzandolo in positivo per sancire la propria estraneità da identità fisse, categorie precostituite e logiche dicotomiche tipo eterosessuale/omosessuale, maschile/femminile. Grazie al potere delle parole quello che prima era un insulto oggi è usato per comprendere tutte le identità sessuali non conformi, oltre che per descrivere le filosofie legate alla prospettiva delle persone queer e le culture da loro sviluppate.
Magnifico esempio di famiglia queer ci è mostrato in questo momento, in Italia, dalla festa di matrimonio della giornalista Michela Murgia.
INTERSESSUALE Termine che non ha nulla a che vedere con l’identità di genere, né con l’orientamento sessuale: si usa per indicare le persone con caratteristiche biologiche riconducibili al sesso femminile e altre riconducibili al sesso maschile.
BISESSUALE; PANSESSUALE E ASESSUALE Descrivono orientamenti sessuali. “Bisessuale” è chi prova attrazione per persone di due o più generi. “Pansessuali” sono persone per cui il genere non è un fattore di attrazione e che possono essere attratte da chiunque, a prescindere dal suo genere.“Asessuale” è chi non prova desideri sessuali per nessuna persona. Le persone asessuali possono comunque provare sentimenti romantici e definirsi, ad esempio “eteroromantiche” o “omoromantiche”.
LGBTQIA+ E’ la sigla usata per descrivere la comunità formata da chi ha identità sessuali non conformi. Fu introdotta negli anni novanta e inizialmente solo lesbiche, gay, bisessuali e trans(LGBT); più di recente sono state aggiunte la Q queer, la I di intersessualità e la A di asessuali con un segno + in fondo a indicare la maggiore incisività possibile e tutte le altre definizioni non conformi di sé.
COMING OUT E’ l’espressione con cui si descrive l’atto di rivelare il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere agli altri; in Italia è spesso confuso con “outing”, che invece in inglese viene usato per descrivere il rendere pubblico l’orientamento sessuale o l’identità di genere di un’altra persona, di solito senza il suo consenso.
GENDERQUEER Definisce le persone di genere non binario che si oppongono agli stereotipi sui generi e si riconoscono in un mix personale di caratteristiche che possono essere associate al genere femminile o a quello maschile, Alcune persone usano “di genere non binario” e genderqueer come sinonimi, per altre il secondo termine include anche donne e uomini trans, e per altre ancora contiene una sfumatura di contestazione politica alle norme di genere. Si usa anche genderfuck per chi vuole ribadire la sua identità di genere in modo provocatorio.
GENDERFLUID Descrive le persone di genere non binario che si riconoscono nel genere femminile o in quello maschile in certi periodi della vita e non in altri; ci sono anche le persone che si definiscono gender “questioning” perchè si stanno ancora interrogando sulla propria identità di genere.
AGENDER sono le persone che preferiscono non definirsi con nessuna categoria di genere.
ANDROSESSUALE GINOSESSUALE E SKOLIOSESSUALE Androsessuale ginosessuale e skoliosessuale sono alcune delle parole che si cominciano ad usare per superare i limiti di eterosessuale e omosessuale che definiscono l’orientamento sessuale di una persona sulla base del suo genere; il primo termine indica chi prova attrazione sessuale per gli uomini, il secondo chi la prova per le donne, il terzo per le persone non binarie.

Quindi alla fine non farò in tempo a scrivere questo articolo che ci saranno nuove parole per dipingere nuove realtà e proprio grazie al colore il mondo si farà più libero.


Ah, già dimenticavo!
Un mondo ARCOBALENO.

Scrivi che ti passa

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Pierre Hadot nel libro: Introduzione ai «Pensieri» di Marco Aurelio dice che l’Imperatore definisce “cittadella interiore” quel centro della nostra interiorità che non viene scalfito da nessuna delle cose che stanno fuori.
Eh si; se ci pensate bene, tutto ciò che ci turba arriva da fuori.
La collega critica, il capo guarda con tono di rimprovero, il nostro ragazzo ha scritto un whatsapp che lascia intendere uno scarso interesse nei nostri confronti, i nostri genitori ci vorrebbe diversi, la società vorrebbe che avessimo già fatto cose che non abbiamo ancora fatto o che non vorremmo fare.


La poetessa Ada Merini scriveva:

“Mi sveglio sempre in forma e mi deformo attraverso gli altri.“


Marco Aurelio sostiene che tutto ciò che viene da fuori non dovrebbe turbarci perché possiamo rifugiarci nella nostra cittadella interiore, e citando, forse, un altro autore scrive:

“Se ti addolori per una cosa esterna, non è questa cosa a turbarti, ma il tuo giudizio su di essa.”

(Marco Aurelio, Pensieri, VIII, 47)


Ha un bel dire Marco Aurelio, ma guardare dentro anziché fuori non è facile. A volte dico ai miei pazienti di fare finta di essere alla finestra e di distogliere lo sguardo da fuori per guardare dentro alla stanza.

“Va beh,” loro dicono “Questo si può fare”.
Ma costruire una cittadella interiore è un atto complicato, come si fa a costruirsi un posto solo per noi?
Il consiglio che ci da il nostro Imperatore filosofo è di rivolgersi alla scrittura che è, secondo lui, il modo per costruire un luogo in cui ritrovarci quando il mondo esterno o i disturbi della nostra mente ci confondono.
In realtà, se ci pensiamo bene la scrittura ci costringe a rimanere concentrati sul presente.
Intanto se non usiamo il computer c’è il nostro corpo che sta lì seduto ad una scrivania con i gomiti appoggiati al piano in legno, ci sono i nostri sensi; l’odore della stanza, della carta, il male alla schiena e la testa pesante.
Se con un atto di volontà iniziamo a scrivere, volenti o nolenti siamo concentrati e siamo obbligati a mettere in ordine il filo logico dei pensieri senza rimanere nel turbinio di ciò che abbiamo nella mente e nel cuore.
Forse ce ne vorrà del tempo per sentirci completamente isolati dal resto del mondo come nella canzone che urlava Vasco Rossi.

“Tu sola dentro alla stanza e tutto il mondo fuori.”


Ma intanto abbiamo interrotto il flusso dei pensieri, e ci fermiamo ancora quando dobbiamo scegliere le parole giuste per dirlo.
Per dire cosa?
Per dire quello che non siamo mai riusciti dire a nessuno.
Se continuiamo diamo delle priorità quando dobbiamo scegliere la maniera di descrivere una esperienza anziché un’altra, e così quasi senza accorgercene scegliamo ciò che è importante da ciò che non lo è, e nel lento gettar via alcuni fatti e recuperarne altri definiamo la forma dell’esperienza sino a che tutte le sollecitazioni e i pensieri arrivano a prendere la forma armonica di un intero.
Pierre Hadot nel suo libro definisce la scrittura un esercizio spirituale che dà interezza all’essere umano e a tutte le parti che lo compongono.
Allora forza! Scriviamo che la vita si fa più lieve.

Sincronicità

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E’ tutto così semplice
Si, era così semplice
È tale l’evidenza
Che quasi non ci credo
A questo serve il corpo: Mi tocchi o non mi tocchi, Mi abbracci o mi allontani, Il resto è per i pazzi.

Patrizia Cavalli
Pigre divinità e pigra sorte

IL RESTO E’ PER I PAZZI

Sapete che cos’è un evento sincronico?
Un evento sincronico è quando un’immagine inconscia, diretta o indiretta, sotto forma di visione onirica, idea improvvisa o presentimento segue o avviene in concomitanza con un fatto oggettivo, che coincide significativamente con quel contenuto.
Al di là di questa teoria è vero che se si inceppa la fotocopiatrice mentre stiamo fotocopiando un testo importante o buchiamo una ruota in autostrada, abbiamo due possibilità, la prima è di accusare qualcuno, anche noi stessi, per trascuratezza e negligenza e quella è la teoria della causa e il suo effetto. La seconda è di cercare una interpretazione a quell’accadimento.
Questa seconda scelta, non so come la vogliamo chiamare, ci fa stare meglio e alla lunga permette ad eventi sincronici di far capolino nella nostra vita.

Eventi sincronici che andranno ad arricchire così la nostra vita interiore.
Però, non è così facile come sembra perché quando gli eventi ci sovrastano diciamo che la vita interiore è un lusso per chi ha tempo da perdere o per chi, invece, ama isolarsi dal mondo e non affrontare la vita reale.
Secondo questo pregiudizio gli uccelli, i fiori, gli alberi fanno solo perdere tempo a chi dovrebbe avere solo occhi per i fogli di calcolo.
Eppure in quei momenti dovremmo inspirare forte lasciar perdere l’Economia e credere nella nostra vita interiore.
Victor Frankl uno psichiatra austriaco che sopravvisse ad Auschwitz e a Dachau ha scritto un libro su quella esperienza. Il libro si intitola: Uno psicologo nei lager ed è un manuale che aiuta ad affrontare le sfide più buie della vita. Traendo insegnamento dalle strategie adottate dai prigionieri angosciati dalla disperazione e dalla perdita di senso che provavano in quei campi di prigionia. Ecco; se esistevano delle strategie efficaci in quei luoghi ce ne saranno di sicuro anche per noi che viviamo una vita bene o male: “normale” e a volte anche un po’ noiosa.
Una delle cose che Victor scoprì era che i prigionieri sviluppavano un particolare senso di connessione tra la loro vita interiore e il mondo naturale, e che la brutalità dell’esistenza quotidiana rendeva la capacità di interiorizzazione più intensa. I prigionieri che vivevano più a lungo erano quelli che facevano tesoro di quella intensità.
Nel suo libro racconta un evento sincronico: Frankl era stato separato dalla moglie Tilly e sapeva che non l’avrebbe mai più rivista, ricorda , però, che una mattina all’alba, sotto un cielo grigio si era perso nei ricordi della moglie. Provava una sensazione intensa come se lei fosse lì con lui, come se quasi potesse toccarla.
Nel momento in cui questa sensazione era al culmine dell’intensità, un uccello volò accanto lui, si posò a terra e lo guardò.
Forse tutto questo era solo, roba da pazzi.
Ma Victor Frankl sopravvisse grazie a questo.

Uno Psicologo nei Lager

Viktor E. Frankl

Hermes è il caffè sospeso

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Se “si” volesse sempre dire “si” e “no” sempre “no” , non avremmo bisogno di Hermes e delle sue intuizioni, il messaggero degli dei ama l’ambivalenza e si contrappone agli dei razionali e potenti: Apollo e Zeus. Al contrario del dio dell’Olimpo lo spirito di Hermes non vuole chiarire ma preferisce ritrarsi e prendere la strada dell’ambiguità.
È il dio dei commerci, dei viaggi, dei confini, dei ladri, dell’eloquenza e delle discipline atletiche. Svolge anche la funzione di psicopompo, ovvero di colui che accompagna le anime dei defunti verso l’Ade. Figlio di Zeus e della Pleiade Maia, è uno dei dodici Olimpi. Lui il dio dal capello alato si pone in quelle zone di transizione dove è possibile una cosa ma è ugualmente fattibile anche il suo opposto, lui scioglie e annoda relazioni, è un mercante laddove il commercio è contrattazione e relazione, è un “briccone divino”.
La sua più eloquente rappresentazione è quella del busto a due facce, una rivolta verso la realtà umana e l’altra verso la divinità che simboleggia quindi il doppio significato di ogni realtà, il doppio senso di ogni parola.
Trovandosi sempre ai confini tra una cosa e il suo opposto lo troviamo nella medicina che si orienta verso l’unità tra corpo e psiche. Lo intravediamo in tutte quelle situazioni che mirano ad un cambiamento. Quindi, se vogliamo, è il dio della psicoanalisi, in quanto il movimento psichico è l’interesse principale di questa disciplina, cambiamento che avviene tollerando, proprio, l’ambivalenza..
La comunicazione sotto il segno di Hermes imbocca sentieri tortuosi, scorciatoie, vie parallele e quindi impedisce la stagnazione e induce al movimento e le sue vie sono infinite.

Ad appena un giorno d’età Hermes ruba la mandria di mucche del fratellastro Apollo e nega subito la sua impresa con una sfrontatezza senza limiti

Se vuoi, te lo giuro solennemente sulla testa di mio padre,
ti assicuro che non sono io il colpevole,
e che non ho visto nessuno rubare le tue vacche,
quali che siano; ne sento parlare solo adesso.
Così disse; e le sue palpebre lampeggiavano:
saettava occhiate dalle ciglia, in tutte le direzioni;
poi fischiò forte, sentendo che non era creduto.

Apollo non è stupido ma è impressionato dall’audacia del neonato. Porta il caso davanti al padre Zeus e Hermes riafferma la sua menzogna con una enfasi e una sfrontatezza senza uguali.

Padre Zeus, sii certo che ti dirò la verità:
Sono sincero infatti e incapace di mentire.
Credimi, visto che ti vanti di essere mio padre:
Non ho portato a casa le vacche-così-possa aver fortuna-;
Non ho neanche oltrepassato la soglia:è la pura verità.
Così disse Hermes, ammiccando.
Rise forte Zeus, vedendo con quanta scaltrezza negava il furto delle vacche quel suo malizioso figliolo.
Ordinò poi che di comune accordo tutti e due si mettessero alla ricerca, e che facesse da guida Hermes, il messaggero,
E indicasse senza più trucchi luogo
Dove aveva nascosto le vacche dalla testa robusta.

Si, è vero Hermes è un birbante e mente, ma grazie alle sue capacità dialettiche e alla sua seduzione si guadagna un posto tra gli dei dell’Olimpo. Questo, era, appunto il suo scopo e lo ottiene attraverso la comunicazione che solo lui: il briccone divino, riesce ad instaurare.
Con un piede sulla soglia, né dentro né fuori seduce, e finisce per farsi concedere da Zeus ed Apollo, che ha ingannato, un’attenzione affettuosa e un posto nell’Olimpo
Come ogni briccone divino Hermes vive fuori dai limiti stabiliti dai costumi e dalle leggi il suo è un regno intermedio ai limiti stabiliti della proprietà dove le parole “trovare” e “rubare” hanno un senso ambivalente e ricco di sfumature.
La demarcazione netta tra commerciare e rubare tra proprietà ben definite preoccupa gli dei della ragione Apollo e Zeus ma non Hermes.
Lo troviamo sempre in ogni luogo e in ogni tempo: Fanfan la Tulipe, Till Eulenspiegel ma soprattutto in Robin Hood.
Robin Hood non era forse nelle precedenti leggende un dio delle foreste? In seguito poi da nobile sassone decaduto è diventato bandito. Un generoso giustiziere abilissimo nell’uso dell’arco, che rubava ai ricchi per dare ai poveri e che restituiva ai cittadini le ingenti tasse raccolte dallo Sceriffo di Nottingham.
I greci usavano un trucco comunicativo simile che consisteva nello stabilire una forma di “commercio silenzioso” e generoso più simile allo scambio.
Ad esempio, un contadino che viveva nelle vicinanze di una strada frequentata da viaggiatori deponeva a un incrocio del pane, dell’acqua e i formaggi. E il viaggiatore affamato che se ne nutriva lasciava un regalo in cambio di ciò che aveva consumato; monetine o qualsiasi altro oggetto di scambio, oppure nulla se non possedeva nulla.
Un oggetto trovato in questo modo i greci lo chiamavano “Un dono di Hermes” ed era un regalo donato senza sapere a chi sarebbe stato utile e non aspettandosi nulla in cambio.
Ancora adesso il dio ci sorride benevolo se lasciamo un caffè sospeso al bar per una persona che berrà il nostro caffè o una spesa sospesa appesa al cancello di in un parco per qualcuno che non se la può permettere.
Si, è vero che Hermes è un commerciante è però un commerciante vecchio stile, quello che scambia un manufatto con un pezzo di formaggio non quello che si arricchisce in Borsa. Non è neanche detto che Hermes sia contrario al gioco in Borsa, ma il dio non dimentica l’aspetto ludico e la passione del giocare.
Hermes è il potere dell’humor e del ridicolo di fronte alla forza bruta, la riparazione del clown in contrapposizione al leader, il ricorso alla fuga e alla menzogna per sfuggire al controllo, l’arte della parola nella trattativa.
In questo senso è un dio molto attuale perché ci permette di guardare al futuro ricordandoci del passato, quando scambiare e donare non erano così in contrapposizione.

Ma è normale?

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“Il bacino della normalità si sta restringendo ad una pozzanghera.”

Til Wykes


Le bizze di mio figlio fanno parte della crescita o sono un segno precoce di disturbo bipolare?
Il fatto che mi innamori sempre di uomini che non mi vogliono è normale?

Io lo odio al punto di volerlo uccidere? ma è consueto?

Non è segno di un disturbo post traumatico da stress il fatto di essere in crisi dopo un licenziamento?
 
Definire la normalità dovrebbe essere una cosa da niente, e essere normali un’ambizione da poco facilmente raggiungibile .

Ma non è così.
 
La normalità è sottoposta ad un pesante assedio; i dizionari non sono in grado di fornire una definizione soddisfacente, i filosofi discutono sul suo significato; gli psicologi in compagnia degli statisti passano il tempo a misurarla, ma nessuno riesce a catturarne l’essenza.
Se cerchiamo cos’è normale su un dizionario troviamo scritto: che è normale ciò che non è anormale.
Ah bene! Pensiamo, convinti di aver ricevuto una risposta.
No! Non è una risposta.
Grattandoci la testa andiamo, allora, a cercare ciò che viene definito anormale.
E vi troviamo scritto:  “Quanto non è normale o regolare o naturale o tipico o usuale o conforme a una norma.”
Oh my god! Ognuno dei due termini si definisce esclusivamente come negativo dell’altro; nessuno dei due possiede una definizione reale e non esiste nessuna significativa linea di demarcazione tra i due.
L’organizzazione mondiale della sanità dice che “la salute è uno stato di perfetto benessere fisico, mentale e sociale e non solo l’assenza di malattia.”
Mannaggia! chi tra di noi oserebbe dichiararsi sano con degli standard così alti?
Nel migliore dei casi ci verrebbe l’ansia da prestazione ed ecco che sani non lo saremmo già più.

No, per tanto che ci proviamo noi umani non riusciamo a rispondere a questa domanda.
Ma una cosa ve la voglio dire: esiste una psicoanalista Joyce McDougall che ha scritto un libro ormai introvabile, il cui titolo “A favore di una certa anormalità.” già ti fa capire che aria tirava un po’ di anni fa.
Lei sicura e senza indugio nel suo libro parla di una nuova patologia che si chiama “Normopatia”.
Eh va beh.
Lo so.
Tutto ricomincia da capo.

INCONTRA STEFANIA

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Al compimento del trentesimo anno, Zarathustra lasciò la sua patria e il lago della sua patria e andò sui monti. Qui godette del suo spirito e della sua solitudine e per dieci anni non se ne stancò.
Tutto è iniziato con il Professore Vezzosi, insegnante di filosofia delle superiori, il quale mi ha aperto le porte al dialogo interiore e all’eterno viaggio verso la consapevolezza di sé con il libro Così parlo Zarathustra. E’ proprio le parole di Zarathustra furono per me la chiave della mia metamorfosi.
E come Gregor Samsa, svegliandomi una mattina dal mio ennesimo incubo, sentivo che c’era qualcosa in me che non andava e sentivo il mio corpo in subbuglio che gridava di voler essere liberato dalle catene.
E già. Dopo l’ennesimo attacco di panico e svariati problemi fisici, che mi aveva portato a perdere peso, avevo davanti a me due bivi. Il primo era imboccare la via lineare, conforme e “alla moda” con l’aiuto di qualche psicofarmaco per nascondere il tutto dentro un bel pentolone. Scegliere l’altro bivio invece significava intraprendere una traversata fatta d’incontri con fate e mostri, molti scale e con una destinazione ingognita. In poche parole, si trattava di un viaggio senza ritorno.
Avrei voluto scegliere il rischio, ma per farlo avevo bisogno di una guida che non avevo.


Però, come capita spesso nella vita, trovi un traghettatore che ti dà biglietto per partire. Fu un amico medico a darmi il biglietto in cui c’era scritto il nome di colei che mi avrebbe accompagnato in questo viaggio.
Non dimenticherò mai il mio primo colloquio con la Dott.ssa Brambilla. Quando aprì la porta trovai davanti a me chi mi avrebbe cambiato la vita. Aveva un’aria impeccabile, sicura e serena e il suo portamento mi trasmetteva fierezza e caparbietà. Tutto accompagnato dal suo look minimal ma curato nei dettagli. Portava i capelli a caschetto corti, occhiali da vista con montatura grande e un vestito bordeaux. Il colloquio fu tragicomico. Mi poneva le domande dandomi del lei. Ma ogni volta rispondevo “Ma lei chi?”. Non capivo se stesse parlando di mia madre, della mia collega o della mia amica. Era chiaro che non sapevo chi fosse Stefania. Non sapevo quali fossero i miei confini e quelli degli altri.
Ed eccomi qui, dopo il mio percorso di analisi, di cose ne sono successe tante. Sono sbarcata in molte isole. Dapprima ho visitato quella del trauma subito nell’infanzia e li ho trovato la paura, la vergogna e il dolore. Poi sono giunta in quella della rabbia e della frustrazione.
E ora sono arrivata nell’isola della raccolta, della pace e del coraggio e in essa sto conoscendo una nuova donna che finalmente è riuscita a realizzare il suo sogno di laurearsi nella Laurea Magistrale Psicologia Clinica e della Riabilitazione. Ancora non so quale sarà la prossima destinazione, ma in qualunque posto sarà, so che la mia Guida e le mie esperienze mi hanno dato tutto il necessario per affrontare questo mio Viaggio senza ritorno in compagnia, ovviamente, del mio fedele cane Milu’.
Credo, quindi, che chiunque abbia bisogno di una guida per riuscire a dipanare la caligo che si può incontrare lungo la navigazione. Ho scelto, durante il mio tirocinio, di fornire un’opportunità di dialogo interiore. Vorrei che il mio tirocinio possa essere d’aiuto a chiunque si sente in difficoltà. So cosa vuol dire sentirsi nel caos. Sono stata anche io spesso combattuta tra quello che viene imposto e richiesto dalla società alle donne in quanto tali e ciò che veramente desidero e sono. Troppo spesso ci ritroviamo in percorsi, che solo dopo, sentiamo come estranei da noi. Troppo spesso usiamo termini di libertà, sogni e desideri che però nelle nostre vite hanno poco spazio. Spesso mi sono chiesta, come donna, se questo cambiamento culturale ci sta veramente emancipando o stiamo ricadendo in un’altra forma di controllo. Troppo spesso, ancora, vedo donne che subiscono violenza (anche quella psicologica), donne a cui viene chiesto di essere buone madri, efficienti lavoratrici, di gradevole presenza e ovviamente non isteriche e con il grande divieto di piangere.

Il mio sarà un primo incontro di ascolto gratuito. Nello specifico offro tre colloqui gratuiti, che non vogliono essere una terapia, ma un dialogo per mettere a punto il problema. Questo può essere un grande conforto perché spesso si sta male e non il sa il perché.
Questo incontro è rivolto a tutti. La modalità sarà quella on-line. Non sarò sola in tutto ciò ma avrò al mio fianco la dottoressa che mi aiuta in questo progetto.

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Acchiappiare i sogni: dottoressa ho sognato un serpente..

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Il sogno lo si acchiappa.
Come un azzurro palloncino gonfiato ad elio lo si afferra in velocità; può sfuggirti e volar via nell’infinito, oppure scoppiare e lasciare brandelli di plastica.
Ma se il suo filo ti rimane tra le dita, ecco che hai afferrato un frammento che potrebbe aiutarti ad uscire dal labirinto della vita
Non importa cosa ci rimane, la nostra storia può trasformarsi con tutto, anche con quei brandelli di plastica che sembrano voler dire niente e invece; vogliono sempre dire qualcosa.
Ma cosa vuol dire quell’immagine che mi è rimasta impressa? Che messaggio sarà mai?


Fermo restando che ogni sogno mette in scena la nostra vita interiore, ed è roba che appartiene solo a noi, è anche vero che ogni sogno per disegnare i moti della nostra vita interiore attinge alla stessa simbologia che condividiamo con l’umanità tutta.
Vedere, poi, come questo inconscio individuale vada a creare una scenografia meravigliosa con l’inconscio collettivo, ci da l’idea della capacità del sogno di attingere all’ancestrale, recuperare simboli e intrecciarli con il nostro quotidiano: l’ascensore del condominio, il sacco dell’umido, il gatto della vicina, l’autobus pieno di gente, costruiscono un immagine che poteva già esserci quando dipingevamo orsi sui muri delle caverne e non distinguevamo chi eravamo noi e chi era l’animale che cacciavamo.
Stefania viene da me e mi racconta che ieri notte ha sognato un serpente. Lo tirava su dal mare un uomo grosso e gigantesco che assomigliava a Polifemo.
Tralasciamo il fatto che la madre quando era bimba la chiamasse “serpe in seno” e che alcune giovani colleghe attualmente le sono ostili. Sorvoliamo, anche, sulle difficoltà che Stefania ha con gli uomini, che da una lato svaluta e dall’altro idealizza cosìcchè finisce sempre nello scivolare in storie d’amore difficili.
Proviamo a parlare solo di lui, il protagonista del sogno di Stefania: Il serpente

Cosa vuol dire un serpente?

…ma se incontro quell’essere,
Da sola o in compagnia
Mi vien sempre l’affanno
E un gelo nella schiena.
Una sottile creatura tra l’erba

Emily Dickinson
Golden Medical Caduceus Symbol on a white background. 3d Rendering

Se iniziamo dalla madre di Stefania che la chiamava: “serpe in seno” ci vengono subito in mente quelle sculture medioevali dove una donna nuda con due serpenti al seno raffigura la nutrice dei vizi della luxuria e della voluptas. L’espressione così cara alla mamma di Stefania è infatti già nota dall’’antichità; allevarsi delle serpi in seno esprimeva ed esprime tuttora l’involontario incoraggiamento di persone infide.
Fuoriuscendo sinuoso dalle acque primordiali, attorcigliandosi su se stesso come una striscia di DNA, muovendosi rapidamente o strisciando sullo stomaco e scomparendo in un baleno, il serpente compare nella mitologia come creatore cosmico, progenitore, distruttore ed essere sacro.
Il serpente sente gli odori con la lingua biforcuta e i suoni attraverso la pelle; è sensibile alle vibrazioni a bassa frequenza e alla terra che trema, è simbolo di segreti misteri di conoscenza, sotterranei e oracolari.
Gli occhi privi di palpebre sono coperti da una membrana trasparente, non sbattono mai , e così fissi evocano l’occhio dell’inconscio che vede nel regno dell’Ade, laddove il conscio non arriva.
Quando il serpente si ritira per la muta della pelle, simbolo di rinnovamento, rinascita e immortalità la membrana che copre l’occhio diventa lattiginosa quasi di un blu pallido come se trasformandosi l’animale accedesse ad una saggezza che va al di là delle nostre conoscenze.
Il rettile è associato all’implacabile aspetto della natura legato alla morte e all’istinto, alle manifestazioni inattese e repentine.
La sua forma fallica e l’abitudine di copulare per giorni se non per settimane con una o cinquanta compagne fanno del serpente il simbolo dell’energia fallica e della fertilità. Il poeta Stanley Kunitz ha descritto una coppia di serpenti intrecciati ad un albero del suo giardino come “il selvaggio intreccio della creazione”.

Coraggiosi e terrificanti i serpenti emergono come epifanie dalla terra, da un mucchio di foglie, dalle rocce, dalle scure acque dei fiumi o dall’oscurità della psiche.
Il regno dei morti abitato da serpenti è il terreno fecondo da cui emerge la nuova vita, un luogo di guarigione, iniziazione e rivelazione, dominato dall’antica Grande Dea. Infatti, l’animale è dotato di un potere di vita e di morte, che lo rende una forma di spirito ancestrale, guida alla terra dei morti e mediatore di processi di trasformazione e ritorno.
Il serpente è la forma teriomorfa di molti dei, tra i quali Zeus, Apollo, Persefone, Ade, Iside, Kali e Shiva.
Nelle tradizioni tantriche dell’India l’energia cosmica femminile della kundalini giace addormentata come un serpente attorcigliato alla base della colonna vertebrale. Risvegliato durante la meditazione, il serpente shakti sale lungo il corpo sottile fino a unirsi con Shiva al vertice, in uno stato di estasi e trascendenza. Considerato sacro anche da Asclepio il divino guaritore nell’antica Grecia, il serpente è l’incarnazione del demone o “genio” del medico che era spesso rappresentato avvinto al suo bastone.


Nella psicologia del profondo il serpente è, come ogni altro rettile , un simbolo animale che risale alla preistoria della terra e ai primordi della storia umana e rappresenta l’energia psichica. E il sogno di Stefania allora cosa vuol dire?
Beh, al di là della sua storia individuale, l’arrivo di questo animale nei suoi sogni significa trasformazione e rinnovamento. La ragazza si sta caricando di energia primordiale che giace nel buio dell’inconscio.
Potrebbe essere?
Chissà? Non ci resta che aspettare e vedere.


KRISHNA QUELLING THE SERPENT KALIYA; THE GODDESS KALI 
KALIGHAT, CIRCA 1870
two watercolours on paper, unframed 
449 x 278 mm. and slightly smaller

Don’t look up, Cassandra

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“Moriremo tutti.”

Urla Kate Dibiasky, con la bocca storta dall’ansia, nel film Don’t look up.
Infatti, la dottoranda in astronomia Kate ha scoperto l’esistenza di una cometa non ancora identificata e calcolandone la traiettoria assieme al suo professore Randall Mind si accorge che il corpo celeste dopo sei mesi colpirà la Terra e che le dimensioni dell’astro sono tali da comportare la distruzione del pianeta.
Kate e Randall insieme ad un funzionario governativo si recano subito alla Casa Bianca per cercare di evitare la catastrofe, ma la presidentessa degli Stati Uniti procrastina la presa in carico del problema in quanto concentrata nei suoi calcoli elettorali. I giornali non devono sapere, la notizia va tenuta segreta e va guadagnato tempo, di modo che la presidentessa possa vincere le elezioni. Il tempo che resta è poco, ma ai politici pare non importare.
I due astronomi decidono di disobbedire, e tentano di informare la cittadinanza, attraverso un popolarissimo programma televisivo.
Durante la trasmissione, Kate sconvolta dal tono leggero e scettico con cui la notizia viene trattata esplode in escandescenze in diretta. Urla “Moriremo tutti.” cosicché perde credibilità diventando un’eroina negativa nei social.
Ad un tratto le cose cambiano: la presidentessa resta coinvolta in uno scandalo a luci rosse, qualcosa tipo: foto delle mutandine mandata all’amante. Quindi, per deviare l’attenzione dalla sua corruzione decide di occuparsi della stella cometa e della sua pericolosità. L’impatto della stella sul pianeta viene comunicato con gran clamore mediatico, ma la popolazione viene rassicurata perché è previsto il lancio di ordigni nucleari per far deviare la rotta della cometa e salvare l’umanità.
La presidentessa si trasforma così da immorale in una eroina che salverà il pianeta dalla catastrofe.
L’operazione viene però annullata subito dopo il suo avvio quando un imprenditore, fondatore e amministratore di un’azienda di alta tecnologia, annuncia che il nucleo della cometa è ricchissimo di materiali rari preziosi, fondamentali per le tecnologie cellulari. Il personaggio inquietante a metà tra uno Steve Jobs redivivo e un Bill Gates dichiara, inoltre, che il ritorno economico che potrebbe derivarne per gli Stati Uniti sarebbe così cospicuo da valere la pena di sfruttare l’occasione.
Si organizza quindi un piano alternativo, basato sulle tecnologie sviluppate dall’imprenditore, che prevede di frantumare la cometa in piccoli meteoriti che recuperati potranno essere sfruttati commercialmente .
Nel frattempo il mondo si divide ormai tra chi esige la distruzione totale della cometa, chi urla all’allarmismo ingiustificato e chi addirittura nega che la cometa esista davvero.


La presidentessa americana lancia questo slogan per i suoi elettori: “Don’t look up.” Guardare il cielo significherebbe vedere la cometa. Vedere e credere in ciò che si vede viene bollata come roba da radical chic.
Meglio non alzare gli occhi al cielo guardare in basso», e da lì il titolo del film, Don’t look up.
Il resto della trama è già noto, e in ogni caso non voglio fare spoiler.
Cogliere i riferimenti che il regista del film, Adam McKay, vuol far passare è quasi troppo facile: la cometa è in realtà il riscaldamento globale e la presidente idiota degli Stati Uniti, Meryl Streep, rappresenta Trump, e più in generale i governanti sordi all’allarme degli scienziati, perché in più frivole faccende affaccendati.
Si, il film vuole avvisarci della sciagura provocata dal riscaldamento globale ma c’è una disgrazia peggiore: la nostra stupidità.
La stupidità di questo mondo, del nostro modo di vivere.
E proprio di stupidità si tratta se digitando il titolo su Google, la prima voce che mi è apparsa è:“Meryl Streep nuda”
Vediamo di sfuggire a questa stupidità e contravvenendo al suggerimento della presidentessa guardiamo in alto, ma così in alto da toccare il cielo a cercare aiuto negli dei e negli archetipi. In tutte quelle storie che si sono raccontate gli uomini dalla notte dei tempi, per dare un senso a ciò che pare non averlo e sperare di capirlo.
La Kate con il viso trasformato dall’ansia, con la bocca spalancata e i capelli arruffati mentre urla: “Moriremo tutti.” non assomiglia forse a Cassandra?
Quando i greci introdussero il cavallo di legno a Troia Cassandra rivelò a tutti che al suo interno vi erano soldati greci, ma rimase inascoltata.

Cassandra, John Collier (1850-1934), via Wiki commons


I greci saltarono fuori dal cavallo e distrussero Troia e quando ripartirono Agamennone fece schiava Cassandra e la condusse con sé.
Toccato il suolo di Micene Cassandra profetizzo la rovina dell’ Atride che da lì ad un po’ sarebbe accaduto; ma Agamennone non volle credere alle sue parole, cadendo così nella congiura organizzata contro di lui dalla moglie Clitemnestra.
Cassandra profetizzo le peregrinazioni di Ulisse: la tremenda Cariddi, il Ciclope, Circe, i naufragi del mare, gli oblii del loto e i mali innumerevoli della sua casa.
Ma chi poteva ascoltare quella pazza seminuda che si rigirava sulla sabbia con gli occhi fuori dalla testa?
No, nessuno voleva e poteva ascoltarla.
Christa Wolf in Cassandra scrive:

…Continuavo a credere che con un po’ di desiderio di verità, con un po’ di coraggio si potesse eliminare ogni malinteso. Chiamare vero ciò che è vero, e falso ciò che vero non è: il minimo, pensavo, ma avrebbe rafforzato la nostra battaglia molto meglio di qualsiasi menzogna o mezza verità.
Giacché non era possibile, pensavo, fondare tutta la guerra e tutta la nostra vita, giacché la nostra vita era ormai in guerra, su una menzogna dettata dal caso.

Ma perché Cassandra non veniva creduta?

Cassandra era la sacerdotessa di Apollo. Il dio s’invaghì di lei, così si mostrò alla donna donandole il dono della profezia a condizione che giacesse con lui. Cassandra prima accettò, ma poi respinse le avance del dio il quale, infuriato, prima le sputò in bocca e poi disse: “Se soffiando sulle tue labbra ti ho concesso il potere della divinazione, sputando nella tua bocca ho tolto alla tua voce, il potere della convinzione. D’ora in poi, nessuno crederà ai tuoi vaticini e ti prenderanno per una di quelle pazze che percorrono le strade come uccelli del malaugurio. Nessun mortale crederà alle tue visioni e Troia brucerà per colpa tua!”

Apollo era il dio della ragione che presiedeva all’oracolo di Delfi, un dio della profezia, della guarigione, un dio della giovinezza e della bellezza visibile e radiosa
Un dio molto, molto maschile e non amato dalle figure femminile. Un dio che come ogni eroe della civiltà sottometteva serpenti e uccideva draghi.
Apollo è identificato con Elio, il sole personificato, ed è noto con l’epiteto di Febo, il luminoso, il fulgido. Nella figura di Elios, Apollo ci risveglia dal sonno e ci invita a lavorare, è il nemico dei bassifondi e degli imbroglioni, delle zone d’ombra dell’uomo ed espone alla pubblica vista i nostri maneggi corrotti.

Ipotizzo, (Si sa, nel mondo del mito non abbiamo certezze) che possa essere la mentalità apollinea quella che impedisce a Cassandra/ Kate di essere creduta.
La mentalità del mondo degli oggetti solidi, affidabili e misurabili e soggetti alla ragione scientifica.
Un modo di pensare che sta in guardia al non cadere vittima delle emozioni, della disperazione, dell’intuizione e dell’ansia.
L’urlo di Kate è un grido d’ansia simile all’Urlo di Munch. Laddove anche il protagonista del quadro era travolto dal pessimismo fin de siècle e ne aveva ragione visto lo scoppiare di lì a poco della prima guerra mondiale.
Conflitto segno anche lui, della stupidità umana.
Rileggendo sotto questa luce il mito di Apollo e Cassandra possiamo vederci il rifiuto della natura di cedere dall’essere posseduta da questa ragione apollinea.

Hillman dice che noi non ci rendiamo conto della potenza soverchiante della ragione di Apollo radicata nella nostra mentalità e degli effetti accecanti della sua luce e scrive:

Non importa con quanta intensità la pulsione alla conoscenza arrivi a penetrarla, qualcosa nella natura elude la presa della nostra mente e rimane inviolato
La pulsione apollinea alla conoscenza espressa nelle scienze serve a imbrigliare gli spiriti del pianeta a vantaggio della specie umana:qualunque cosa accresca la conoscenza è giustificata.

James Hillman. Figure del mito

.
Il mondo della ragione premia chi riesce a dominarsi e a far finta di nulla continuando il gioco dei profitti e dei commerci danzando nei centri commerciali sino a che questi non ci franeranno sotto i piedi, spargendo sulla terra oggetti inutili, futuri reperti archeologici che testimonieranno la nostra stupidità.
Beh l’avrete sentito dire anche voi che Greta Tthunberg porta sfortuna e che un nostro politico si è permesso di fare questo tipo di battuta di pessimo gusto: “ Vieni avanti Cretina.” quando lei si presentò le sue trecce e il suo solito sguardo torvo al Quirinale.

Sempre la stessa musica: non il misfatto, ma il suo annuncio fa impallidire, anche infuriare, gli uomini, lo so dalla mia esperienza. E so anche che preferiamo punire colui che nomina il fatto, piuttosto che colui che lo compie: in ciò siamo tutti uguali, come in tutto il resto.

Christa Wolf. Cassandra

Kate, Greta e Cassandra sono le donne che escono dai bassifondi e cariche di paure e ansie denunciano che il mondo naturale sta andando in malora, cercando di svegliare il collettivo che dorme più profondamente della bella addormentata

Pantoo, che a quel tempo mi teneva d’occhio, mi interrogò apertamente. Sempre quelle domande graffianti. Che altro se non tempo, fertilità del suolo, moria di bestie, malattie: “Volevo strappar la gente al circolo dentro cui era inserita’ Dentro cui stava bene, non cercava nient’altro? Al che io scattando: “Perché non conosce nient’altro.”

Crista Wolf. Cassandra.

D’altronde che dire? La ragione, i numeri e la scienza ci sono utili e Apollo è una polarità che dobbiamo tenerci ben stretti.
Ma ricordiamoci di oscillare come pendoli attratti da entrambe le priorità senza fare si che prevalga quella più di buon senso.

Chi ritroverà la parola e quando.
Sarà di quelli a cui il dolore spacca la testa. E fino a quel momento, fino a lui, solo l’urlo e il comando e il lamento e il signorsì degli obbedienti.

Crista Wolf. Cassandra.

Lunatico o Bipolare?

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“Rescue me before I fall into despair”

Urlava Sting nella canzone Message in a Bottle. Un singolo pubblicato il 21 settembre 1979 dal gruppo musicale britannico, di cui faceva parte: The Police. A quei tempi il cantante soffriva, come lui stesso ammette, di disturbo bipolare. Raccontando dei suoi esordi in una intervista dice: “Avevo pensieri suicidari, ero maniaco-depressivo e non abbastanza equilibrato chimicamente.”
Infatti, il pezzo di Sting rende bene l’idea della depressione maniacale, il protagonista della canzone affonda nella disperazione, ma un attimo dopo vede cento miliardi di bottiglie che si infrangono sulla battigia.
Un po’ tante, No?

Don’t believe what I saw
A hundred billion bottles
Washed up on the shore

Così tante bottiglie da sospettare che il cantante fosse un tantino su di giri. Infatti, in fase maniaco depressiva ci si sente proprio così; in un’altalena dell’umore, sballottato dall’euforia alla depressione.

La demoralizzazione troppo intensa della depressione fa si che subentri il meccanismo di difesa del diniego e che quindi l’astenia lasci il posto all’ esuberanza. La depressione e la maniacalità sono quindi la faccia della stessa medaglia, tanto che condividono i temi organizzativi di base: le aspettative, i desideri, le paure, i conflitti e i costrutti esplicativi inconsci.

La depressione è un disturbo molto comune che va dalla depressione maggiore, a casi più gestibili, sino alla distimia, un’astenia cronica dai sintomi lievi.
La personalità maniaco depressiva, attualmente, viene chiamata bipolare ponendo l’attenzione proprio su quell’ indulgere tra un polo e l’altro dell’umore e del carattere.
I periodi di depressione sono caratterizzati da una tristezza infinita, mancanza di energia, incapacità di provare piacere, disturbi vegetativi, problemi di alimentazione e autoregolazione del sonno.
I processi cognitivi, affettivi, immaginali e sensoriali depressi operano in modo cronico, organizzante, autocentrante, nella psiche di quelli di noi che hanno una personalità depressiva o distimica.
Si, quelli di noi è il termine giusto perché spesso lo psicoterapeuta è affetto da depressione.
Noi “strizza” da bravi depressi, empatizziamo con la tristezza, comprendiamo le ferite inferte all’autostima, cerchiamo la vicinanza e ci opponiamo alla perdita, attribuiamo i nostri successi terapeutici agli sforzi dei pazienti e i fallimenti ai nostri limiti personali.
Greenson riflettendo sul rapporto tra una disposizione depressiva e le qualità indispensabili a un buon terapeuta, arrivò al punto di supporre che analisti che non abbiano sofferto di una grave depressione possono essere svantaggiati nel loro lavoro.
Infatti, la depressione lieve ha una sua utilità sia per lo strizza cervelli che per il paziente. Uno dei suoi vantaggi è quello di ricordarci il nostro senso del limite e un buon lavoro psicoterapeutico si occupa sempre dell’acquisizione di consapevolezza della linea di frontiera che non occorre superare.
Si, la depressione aiuta nei casi lievi ma quando è troppa e fa troppo male, il paziente ricorrere alla negazione della stessa e quando il diniego fallisce e la depressione risale in superficie abbiamo la ciclotimia
Le persone che si trovano in uno stato maniacale che è l’altra faccia della depressione, hanno progetti grandiosi, rapidità di pensiero e libertà dalle normali necessità fisiche, come cibo e sonno. Sembrano costantemente su, sino all’inevitabile esaurimento che le riporta giù fino all’inferno della depressione.

Luna piena e in autunno i fiori dal flusso, c. 1895, Ogata Gekko, Giappone


Di loro si dice che sono persone strane:“A volte ti sorridono entusiasti a volte non ti salutano neppure.” affermano i loro colleghi, vicini di casa e amici, poi concludono, alzando gli occhi al cielo e avvitandosi un dito sulla tempia: “E’ lunatico.”
Lunatico? Fermiamoci un attimo, forse siamo di fronte ad un altro dio? Allora possiamo lasciar perdere le diagnosi e la malattia e occuparci del dio che la sottende.
Il dio dei lunatici è Selene, che non è, proprio un dio del pantheon divino, ma è pur sempre la Luna. Un astro non da poco che prende poi, anche, l’aspetto di altre dee.
La luna è incarnata nella “vacca Celeste” primigenia o nella dea Hathor dalla testa di mucca, che nutre il mondo con il suo latte o in Iside, il cui “rugiadoso splendore alimenta la rigogliosa semente.” (Apuleio), Nell’oscurità della Luna nuova Ecate, la megera, custodisce ancora i segreti della morte e della rigenerazione, e Artemide la cacciatrice continua a solcare il cielo con i cani celesti.

Statua di Selene, Roma.


La luna è contraddittoria, bella, spaventosa solenne, si cela e si svela con misurata alternanza, la sua luce e la sua ombra sono equamente divise.


Lei riesce in equilibrismi che paiono impossibili. La sua luce è capace di una infinità di incantesimi; oggetti e spazi che di notte appaiono banali assumono una fredda essenzialità. Un po’ come quando depressi vediamo le cose all’osso e esse non ci appaiono più importanti, come quando erano illuminate dalla luce bruciante del sole.
La luna placa gli ardenti eccessi del Sole. Aleggia tra le vuote, grandi costellazioni, e nella sua ombra cova i segreti della ciclica rinascita e governa tutti i cicli, concepimento, gravidanza e nascita, il periodo della semina e della mietitura.
Il suo ciclico manifestarsi e la sua contraddittorietà non influenza solo gli animi lunatici ma la sfera creativa e spirituale, la magia e la profezia.

Silvia Plath poetessa che soffrì di una grave forma di depressione ricorrente, alternata a periodi di intensa vitalità avverte la sintonia con l’astro e scrive:

Bianca come una nocca e terribilmente
Sconvolta.
Attira il mare come un buio delitto, tranquilla
nell’O della sua bocca spalancata e disperata.
Io abito qui.

Sylvia Plath, La luna e il cipresso

Nelle sue fasi lunari in cui si alzano le acque e crescono le piante ma anche quando le maree calano lasciando sulla spiaggia conchiglie e pesciolini, la Luna ci permette di vedere come in tutte le situazioni borderline e contraddittorie troviamo i due termini del conflitto?
Polarità che andrebbe custodita e vissuta anche nel dolore che la sottende invece che rifuggita con orrore.
Magari, invece, è proprio nella sua contraddittorietà che potremmo andare a cercare il senno…
D’altra parte nell’Orlando Furioso Astolfo il senno di Orlando lo andò a cercare proprio sulla luna.
Nell’Orlando furioso: Orlando diventa “furioso”perché capita nei pressi del luogo dove Angelica e Medoro avevano vissuto il loro amore e vedendo quei nomi incisi tra loro intrecciati su tutti gli alberi, è preso da un’ira enorme che lo conduce dopo lunghi spasimi alla follia.
Diventato così furioso compie sfracelli dappertutto dove passa, attraverso Francia e Spagna, finché arriva a Gibilterra e di qui passa a nuoto in Africa. Ma dopo lungo tempo Dio ha finalmente compassione di lui e fa muovere Astolfo in suo soccorso.
Questi con San Giovanni l’Evangelista va sulla luna sul carro di Elia, alla ricerca del senno di Orlando, che si trova in una grande ampolla in mezzo ad una quantità di cose smarrite sulla terra che qui vengono ad approdare.
Queste cose smarrite quali sono?


Mi piace immaginare che siano tutte quelle cose che sembrano significare nulla e invece significano un sacco, tutte quelle cose che non seguiamo perché ci porterebbero a perdere, tutti quei sogni che non vogliamo che si realizzino. Alla luce della luna piena vediamo ombre che non vogliamo vedere, e come se fossero abbandonati lì dalla bassa marea scorgiamo, anche, tutti quei pezzi di conflitto che non vogliamo rincollare.