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Federico e l’omosessualità

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Federico è un giovane omosessuale mandato dal padre da una “buona psicologa“, perché secondo la sua famiglia era necessaria una “guarigione“.

Nell’estate, durante una chiassosa cena di famiglia, il ragazzo aveva rivelato ai suoi familiari di essere gay, dopo la confessione la festa era stata rovinata, e la vita familiare era precipitata in un silenzio totale. Tutti avevano smesso di parlargli e si aggiravano attorno a lui imbarazzati, come se un estraneo si fosse materializzato tra la poltrona e il divano del salotto.

Federico ha accettato l’imposizione paterna e si è presentato nel mio studio trincerato e difeso, ma anche stupito di un atteggiamento che riteneva non consono alla sua famiglia.
I suoi genitori erano liberali e tolleranti, e lui non riusciva proprio a spiegarsi simile atteggiamento.

Tutti noi oggi sappiamo che in ogni individuo sono presenti, sia biologicamente che psicologicamente, aspetti maschili e femminili, ma nei confronti dell’omosessualità permane un inspiegabile rifiuto. Inoltre a volte siamo disposti ad accettare razionalmente molte cose, ma quando la diversità va a toccare la sfera dei nostri affetti tendiamo a rifiutarla ritenendola portatrice di disagio.

L’ambivalenza sessuale è inscritta nel corpo di ogni individuo, il maschile e il femminile sono presenti nella nostra psiche, in questo senso Jung parlava di animus e anima.; ma un pregiudizio inconscio permane dentro di noi e ogni ambivalenza sessuale viene rimossa.

Ciò avviene perché l’ambivalenza crea timore e paura e si tende ad allontanarla da sé; da sempre l’uomo si è dato delle leggi per dominare la natura circostante, e per fare ciò ha dovuto separare in categorie il reale, alimentando di conseguenza giudizi e pregiudizi.
Dividere i sessi in due categorie, rende possibile un ordine sociale, allontana il caos che potrebbe introdursi nelle nostre vite destabilizzandoci.

Il termine omosessualità non esisteva nella Grecia antica e neppure tra i Romani, in quel periodo storico era l’amore tra persone il fattore più importante, e questo trascendeva l’omosessualità, già Platone avanzava l’ipotesi, che la legge e non la natura discriminasse l’omosessualità.

Nella letteratura islamica sufi la relazione omosessuale si elevava a metafora della relazione spirituale tra l’uomo e dio. L’amore dell’Imperatore Adriano per Antinoo fu ricco di estetica, cultura e spiritualità, ad Antinoo fu dedicato un oracolo a Mantinea, decretati giochi ad Atene, ad Eleusi, e ad Argo.

Fu nell’ottocento con il nascere della medicina scientifica, che l’omosessualità divenne “patologia” e rubricata tra le per-versioni; e durante il Nazismo, gli omosessuali furono oggetto di persecuzione unitamente agli ebrei, agli zingari, agli handicappati e ai menomati psichici.

Fino all’edizione del 1968 nel DSM, manuale ad uso di psicologi e psichiatri dove si trovano le linee guida attraverso le quali si può stabilire la presenza o meno di un disturbo mentale, l’omosessualità era inserita all’interno della categoria “altri disturbi mentali non psicotici” assieme alla pedofilia, alla necrofilia, al feticismo, al voyeurismo e al transessualismo.
fu nel 1973 che si rimosse l’omosessualità “ego sintonica” dalla lista dei disturbi psicosessuali, dal momento che questo tipo di omosessualità non implicava affatto un deterioramento nel giudizio, nell’adattamento e nelle generali abilità sociali dell’individuo.

 

L’omosessualità oggi

Attualmente assistiamo ad un’apparente accettazione sociale dell’omosessualità, ma il rifiuto è ancora nell’aria e l’accettazione è solo parziale. Ciò porta l’omosessuale a rispondere reattivamente al sociale giudicante e ad esasperare la sessualità, che diventa la dimensione fondante nell’individuo omosessuale.

In realtà la sessualità non è la dimensione fondante dell’essere umano, e quindi neanche dell’omosessuale. L’essere umano si lega ad un altro essere per una attrazione che prima di tutto è emotiva ed intellettuale, e in un secondo tempo sessuale. Lo stesso vale anche per l’omosessualità, non è dal sesso, infatti, che bisogna partire per capire qualcosa della condizione omosessuale. Essa non è altro che un’espressione tra le tante in cui l’affettività umana può esprimersi.

L’omosessualità è una condizione esistenziale con contenuti di affettività,progettualità e di relazione. È una variante del comportamento umano che si connota con il desiderio di amare, desiderare, costruire e identificarsi con persone dello stesso sesso e non esclusivamente con atti sessuali.

Individuarsi è arduo per tutti, ma ben più arduo è per chi vive in un’atmosfera di pesanti pregiudizi e di rappresentazioni sociali, l’omosessuale rischia infatti o di adeguarsi al modello stereotipato del Gay o di reagire reattivamente ed aggressivamente al mondo.

 

Il caso di Federico

Federico, non ha voluto rispondere reattivamente al contesto sociale in cui viveva, e non ha voluto neanche diventare una controfigura di se stesso, ha cercato di “ritrovar se stesso” e ha provato a farlo, con fatica, durante il percorso dell’analisi. Ha tollerato il silenzio della sua famiglia, ma ha anche voluto lavorare sulla sua identità cercando di non conformarsi a ciò che gli richiedeva la società.
Certo non è “guarito” come voleva la sua famiglia, ma la sua forza e determinazione, ha fatto sì che i toni del confronto si smussassero. La sua famiglia ha potuto conoscerlo, nella misura in cui lui andava conoscendosi, e piano piano è ritornata a “vederlo” cambiato ma in fondo sempre “non guarito“.

Insieme siamo partiti dalla sua omosessualità, dal suo amore per gli “uomini” e siamo andati verso l’espressione dell’affettività verso un altro essere umano.

Federico non chiedeva di essere curato ma chiedeva di essere ciò che era e di poter iniziare a costruire, senza essere obbligato a fare sogni non propri o ad adeguarsi a forme di vita che sentiva estranee.

Come abbiamo accennato all’inizio, l’omosessuale è vissuto come un pericolo per l’ordine sociale in quanto rende impossibile la divisione in categorie distinte, l’omosessualità ci ricorda che non è tutto ben definito, che io posso essere te e tu puoi essere me, che io sono donna ma posso anche essere uomo e viceversa.
La confusione dei codici non consente la creazione di una società ordinata.

Quello che si teme e che si tenta di allontanare è il disordine, la confusione, che in fondo ci farebbe veramente scivolare nell’indifferenziato.

Bisessuali erano le divinità indiane Dyaus e Parusa, egiziane come il dio Bes, greche come Dioniso, Attis, Adone.

A differenza dell’uomo il dio può rappresentare l’unità primordiale di cui la bi-sessualità è un’espressione, unità primordiale che va però mantenuta circoscritta nella sfera del sacro.
Quando Dionisio entra nella città, ci racconta Euripide nelle Baccanti, tutto l’ordine viene sconvolto e ogni misura oltrepassata. È il disordine del non senso che entra in città, è il caos della psicosi.

In realtà l’omosessualità ci offre l’opportunità di non irrigidirci per paura in definizioni, che trascurano l’affettivo.

La dea Ecate vive negli inferi, è la signora degli incantesimi, “la dea dei fantasmi e dei terrori notturni, degli spettri e dei mostri spaventosi“.
Al tempo stesso, osserva, Ecate

“Presiede alla stagione della semina e al parto; assicura prosperità, vittoria, messi generose al contadino e abbondanza di pesce al pescatore”.

Ecate incarna archetipi contraddittori, ma diventa il simbolo dell’inconscio, luogo dove brulicano bestie e mostri. Non è la psicosi, non è il caos ma è un bacino di energia su cui si deve ottenere il controllo, proprio come Caos fu portato all’ordine cosmico grazie all’influenza dello spirito.

L’omosessualità e il disordine che apparentemente crea può essere come la metafora di una nuova energia, di una possibilità di non fermarsi ad un unico colore ma di poter cogliere le sfumature.

Ozpetek intitola il suo ultimo film “Mine vaganti“, i critici tendono ad attribuire il titolo all’outing che il protagonista fa durante una cena di famiglia, contesto, tra l’altro, simile all’episodio di Federico. Ma in realtà credo che Oztepek volesse affermare che l’omosessualità può far scoppiare di energia nuova contesti e situazioni e che in parte è energia per il futuro.

Credo che il titolo del film significhi che questo materiale esplosivo insito nell’omosessualità possa essere, se rifiutato, fonte di dolore e di disagio, se invece accolto può trasformarsi in qualcosa d’altro, in qualcosa di nuovo. Ignorare o escludere dalla nostra realtà il problema trasformerà lo stesso in una mina vagante.

“Nulla determina chi saremo quanto ciò che scegliamo di ignorare”
Sandor McNab

ANSIA: Anna “e tornammo a riveder le stelle”

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Anna ha 52 anni, è giornalista, ha deciso di rivolgersi ad una psicologa perché lamenta squilibri emotivi, piange per un nonnulla, ed ha sempre fretta, quando nei negozi deve aspettare il suo turno si sente fisicamente male.

Il mondo le sembra meraviglioso, tanto meraviglioso da non riuscire a guardarlo:

“Si amo la vita, ma ultimamente sono quasi felice quando fa brutto tempo, così posso fermarmi e non far nulla.
La mia è una corsa contro il tempo, mi sembra sempre di essere in ritardo e di non potermi fermare mai.”

“La mia vita è stata esattamente uguale a come io la desideravo, figli non ne ho mai voluti e non sono pentita, ancora non ne vorrei.”

Anna è un bella donna, ha personalità, veste molto giovanile e ha un sorriso veramente seducente,

“Mi sento strana, come una nube oscura all’improvviso l’ansia plana sulla mia esistenza e mi lascia priva di tempo, come se il tempo fosse circolare e io non riuscissi più ad andare avanti, come se fossi bloccata.”

Dico ad Anna che l’ansia non è sempre una esperienza negativa, a volte è espressione del disagio che non si può più evitare.
Essa può far emergere possibilità nascoste e possibilità nuove che possono avere anche significazione creativa, le chiedo se prima d’ora si è mai sentita così:

“No, non mi pare o forse sì…
Avevo 17 anni, stavo facendo a piedi un tratto di strada tra scuola e casa, ero affamata, assaporavo avidamente l’odore e il gusto del mare, che il vento portava sin lì, era venerdì, in serata sarebbe arrivato il mio ragazzo e insieme avremmo guardato le stelle, ero felice.
Nel pensare alle stelle e all’infinito ho sentito una grande angoscia, ho pensato che la serata sarebbe finita, che il mio ragazzo sarebbe andato via e che non lo avrei più visto per una settimana, ma è passato tanto tempo, non ho più guardato le stelle e non mi è più accaduto.”

Sorride e rovista nella borsa tirando fuori l’agenda per trascrivere il nostro prossimo appuntamento, nonostante manchino soltanto 40 minuti alla fine della seduta.

Nell’episodio giovanile come in quello attuale Anna davanti al fascino e alla bellezza dei rapporti, della nostra psiche e della vita inizia ad anticipare gli eventi e a star male per l’inevitabile passare del tempo, queste emozioni sono così forti che rischiano di travolgerla e allora meglio rimuoverle.

Jung scrive “Se una disposizione interna o una circostanza esterna sono sufficientemente disturbanti o sconcertanti è possibile consegnarle direttamente all’inconscio.“.
Così fu fatto…
Anna durante gli anni della sua giovinezza iniziò una fuga dallo stato presente, e iniziò a correre verso una sua realizzazione, ma ogni meta raggiunta era tanto insoddisfacente da sollecitare una continua fuga e una corsa verso il nuovo.
La funzione più introversa e più spirituale della sua psiche fù trascurata.

“Più tardi, al Louvre guardai alla spalle di Monna Lisa e lì vidi il punto di fuga della prospettiva, anche in quel momento mi venne una grande angoscia.”

Anna non poteva fermarsi a riflettere, la fame di ricerca e di voglia di conoscere veniva fatta tacere bastava evitare il problema e tutto andava a posto evitando di guardare il cielo.

 

Scrive Jung: “Più ci si avvicina al mezzogiorno della vita, più si riesce a consolidarsi nel proprio orientamento personale e nella propria situazione sociale e più sembra di aver scoperto il corso normale della vita, gli ideali e gli esatti principi della condotta.
Perciò si presuppone il loro valore eterno e si considera virtù il restarvi per sempre attaccati.
Si dimentica una cosa essenziale: cioè che non si raggiunge lo scopo sociale, se non a scapito dell’intera personalità.
Molta, troppa vita che avrebbe anche potuto essere vissuta è restata forse nel ripostiglio dei ricordi polverosi; spesso sono carboni ardenti sotto la cenere grigia.

 

Ma durante l’età di mezzo si prepara una profonda modificazione dell’animo umano, avvengono delle trasformazioni che sembrano portare alla luce quelle cose dimenticate nell’inconscio, o la funzione più trascurata.

Sempre Jung dice: “Non è possibile vivere la sera della vita seguendo lo stesso programma del mattino, poiché ciò che sino ad allora aveva grande importanza ne avrà ora ben poca, e la verità del mattino costituisce l’errore della sera“.

Anna è bloccata stenta a trovare senso e scopo alla sua vita, vita che lei sente di aver sprecato e che ora le sembra troppo breve.

Questo blocco è un processo psichico occorso innumerevoli volte durante lo sviluppo dell’umanità che dischiude la porta serrata, tanto da divenire il motivo di molte fiabe e di molti miti.
La magica pianta (apriti sesamo), l’animale soccorrevole che insegna la via nascostata.

Con Anna dirigiamo la nostra attenzione sui sogni, meditando a lungo, ponderandolo attentamente, cercando un indizio che ci possa guidare e indicare verso quale direzione andare per riuscire a interrompere questo tempo circolare e ansioso che riduce il senso della vita.

Anna sogna

“Sono ad una festa ci sono tutti, ma proprio tutti ma io sono nel retro e mi occupo della nonna”

“Forse non è più il momento di essere al centro della festa, ma si può stare anche nel retro ad occuparsi di cose antiche”

Il sogno ci mette in contatto con qualcosa di essenziale che ci riempie, una sorta di grazia e di complicità con qualcosa di indefinibile; esso ci consente di “ritrovarci” nel perderci in esso e di sparire senza morire, nel respiro del tempo.
Il sogno infatti umanizza la paura di vivere, la paura di morire, disarma la disperazione anche quando diserta la gioia.

Il sogno ci aiuta a guardare la parte oscura di ognuno di noi, ci apre a nuove opzioni, ci aiuta a toglierci dall’angolo, ci addita un varco nella muraglia del pessimismo.

Dopo alcuni giorni Anna si accorge che in questa seconda parte delle vita lei non può più espandersi ma deve rivolgere l’attenzione a se stessa.
Prestare attenzione alle tracce labili, ai barlumi, ai segnali impercettibili di una possibilità che sembra così difficili aprire

“La mia prospettiva di vita è cambiata non mi sento più bloccata, ora posso guardare il cielo”

Il pomeriggio della vita deve avere il suo proprio significato e il suo scopo, e non può essere una misera appendice del mattino.

Ora Anna
Finita la corsa per affermare la propria individualità, la maglia di doveri e imposizioni si allenta e lascia spazio ad infinite nuove possibilità.
Ma proprio dell’infinito aveva paura Anna

Notte Stellata, Vincent Van Gogh

Come nel 2013 iniziai a lavorare con gli EXPAT

Alla Biennale di Venezia di qualche anno fa un artista africano metteva in scena in alcuni video una sua visione del futuro.
Le immagini che passavano erano buie e i personaggi, semplici pastori e contadini del Mali, parlavano in videoconferenza con i loro cari in tutte le parti del mondo, accedevano a cure mediche negli Stati Uniti e facevano l’amore con le loro mogli a distanza, addirittura l’artista ci mostrava la possibilità di una comunicazione telepatica. Nonostante questo le immagini ci mostravano i maliani circondati dalle loro care cose di sempre: la loro mucca, le loro galline e sullo sfondo la loro casa di fango.
Ritengo che con la sua opera l’artista volesse comunicarci che sebbene la tecnologia e il mondo stiano andando a velocità supersonica le tradizioni e i riti, gli amori e le paure dell’uomo rimangono quelle di sempre.
“Basta, vado via.” si dice e ci si allontana per sempre dall’angusto spazio del paese Italia, dalla possessività della mamma, dalla mancanza di lavoro e di prospettive, dai politici che ci definiscono bamboccioni.
Poi, però, il posto nuovo dove si vive diventa angusto, il fidanzato nuovo ci vuole accanto a lui, magari in Germania “Che fa così freddo.” oppure in Australia “Che è così lontana.”.


Il lavoro forse c’è, ma in fondo non è tutto, e anche sul lavoro certe insicurezze certe disattenzioni o certe intolleranze ritornano. In Australia c’è il difficile rapporto con lo sponsor, in America la competitività paralizza, in Germania sono rigidi, in Cina sembra non esserci spazio per l’individualità.
“E le mie difficoltà, dottoressa gliele devo anche spiegare in inglese” mi dicono i ragazzi e le ragazze che si trovano a fare i conti con le nevrosi e le manie di altri paesi.
E poi tutte le domande che si affollano nella testa.
Mi piace veramente stare qui?Ha senso restare in Australia (Cina, America, Africa) ancora degli anni?Voglio rientrare in Italia?Il mio fidanzato mi raggiungerà mai?
Riusciremo a costruirci una famiglia? lui è a Londra ed io sono in CinaI miei amici più stretti stanno tutti partendo. Ne troverò altri con cui stare altrettanto bene?Cosa ne sarà della mia salute?Cosa fare dopo questa esperienza?Come e dove impostare la seconda parte della mia vita?
Il sociologo Zygmunt Bauman ha parlato di vita liquida, per definire una vita nella quale sembra non ci siano punti fermi; tutto finisce e tutto cambia.
Lontano da casa dove si possono trovare quindi i punti fermi? l’unico luogo che é sempre con noi è la nostra interiorità ed è lì che possiamo trovare delle certezze. Ed è lavorando su di essa attraverso un percorso psicologico che possiamo trovare una nuova energia.
Le crisi, anche quelle che appaiono più gravi possono così finire per diventare un’opportunità per favorire un evoluzione in positivo dei propri problemi.