Sailors fighting in the dance hall
Oh man! Look at those cavemen go
It’s the freakiest show
Take a look at the Lawman
Beating up the wrong guy
Oh man! Wonder if he’ll ever know
He’s in the best selling show
Is there life on Mars?
David Bowie Life on Mars
Lo scorso 18 febbraio la Nasa ha pubblicato le immagini delle manovre di atterraggio del Perseverance sulla superficie di Marte per iniziare la ricerca di tracce di vita sul pianeta.
Il Pianeta rosso, al momento, ospita due grossi rover, oltre i mille chili e con dimensioni di un grosso suv, entrambi della Nasa. Uno è lì da un decennio, Curiosity, e l’altro, Perseverance, è appena arrivato ed è il primo tassello, fondamentale, dell’operazione Mars Sample Return, che porterà pezzi di suolo marziano da analizzare nei laboratori terrestri.
La colonizzazione di Marte è una grossa sfida, manca: l’aria, l’acqua e il cibo, ma la hybris dell’uomo non si ferma davanti a nulla. Sulla terra ci stiamo stretti? Forza cerchiamo altri spazi. La volontà di conquista è forte e la si evince dalle storie che l’uomo racconta che rivelano a volte inconsciamente a volte no; le nostre paure, i nostri sogni, il nostro eroismo ma anche la nostra arroganza.
Una a caso; nel 2014 il romanzo di Andy Weir L’uomo di Marte vede il protagonista, il botanico Mark Watney, riuscire dopo innumerevoli tentativi a coltivare patate nel terreno duro e rosso del Pianeta.
Insomma, vivere su Marte è ancora impossibile, ma la ricerca e le esplorazioni avanzano e il desiderio è tanto. La scienza espressione della cultura umana che piega al suo volere la natura va avanti a colpi di machete e disbosca foreste per insediarvi orti, pozzi, capanne/ case esattamente come è sempre stato e pare che sempre sarà.
Ma vogliamo chiederci a livello simbolico cosa significhi in questo periodo il bisogno vero o indotto che sia di colonizzare Marte? Perché cerchiamo sempre nuove terre da colonizzare e non ci guardiamo dentro dove ci sarebbero, volendo, ben altre imprese da compiere?
Nel Rinascimento alcuni individui di genio si dedicarono ad una esplorazione del mondo interiore ardita e rivoluzionaria tanto quella che avveniva in quegli anni nel mondo esterno dei grandi navigatori.
Questi pensatori esaminando la vita interiore scoprirono isole, passaggi e canali, a volte continenti, tracciarono mappe, escogitarono metodi, ma anche allora le loro ricerche godettero di meno fama di quelle degli esploratori di nuove terre. Vuoi mettere Cristoforo Colombo che conquistò un continente con così tanti beni da trafugare che fermarsi a interpretare i sogni o guardare alla nostra anima?
Eppure quegli esploratori dell’interiorità ai nostri tempi potrebbero ridarci il senso di dove siamo, di dove siamo venuti, delle strade giuste da prendere se vogliamo raggiungere luoghi fertili e inesplorati. Non già luoghi esterni ma territori abbandonati dell’anima.
Fra questi esploratori il più grande maestro fu Marsilio Ficino, che si rivolse all’astrologia per cercarvi e trovarvi i simboli della vita interiore; dei suoi travagli e delle sue trasformazioni, dando forma ad un’arte dell’immaginazione, che egli riteneva la medicina appropriata per l’anima sofferente.
Ficino ci metteva in guardia dal Pianeta rosso; le manifestazioni del dio sono: collera, violenza, odio, aggressività di ogni genere, durezza ma anche eroismo.
Infatti; Ficino sapeva bene che dopo aver affrontato tutto il potenziale negativo di un dio possiamo permetterci di accogliere tutto il potenziale dell’altro lato; e constatare che spesso la sua irruenza si rivolge a scopi meno distruttivi ma più creativi.
Attualmente la guerra e la violenza sono ancora diffuse e perseguite con una arroganza da minacciare la nostra stessa esistenza e il nostro eroismo lascia alquanto a desiderare.
La collera e l’intolleranza la fanno da padrone, non solo nell’odio tra nazioni ma anche nelle situazioni domestiche; dove ogni giorno sposi, genitori, innamorati, amici e vicini impazziscono colpiti da improvvisi attacchi di collera, posseduti da Marte in maniera tale da essere trasformati in creature folli.
Se prima di conquistare Marte e piegarlo alla volontà di cultura riconoscessimo la nostra aggressività, il nostro desiderio di predominio e la nostra arroganza faremmo inevitabilmente i conti con quel pianeta roccioso la cui superficie è stata modellata da vulcani, impatti di meteoriti e venti violentissimi, e gli potremmo attribuire un posto simbolico nel pantheon della nostra psiche traendo dal suo fuoco e dalla sua rabbia: fuochi creativi e rabbie costruttive.
Scrive Ficino:
“Marte è superiore di fortezza, perché egli fa gli huomini più forti. Venere doma Marte, imperò che quando Marte nella natività dello huomo signoreggia, dona magnanimità e iracundia, e se Venere proximamente vi si aggiunge, benché non impedisca la magnanimità da Marte concessa, nientedimeno raffrena el vitio della iracundia, ove pare che, facendo Marte più clemente, lo domi.”
Nella mitologia Marte e Venere sono amanti e insieme si uniscono e hanno una figlia: Armonia. Armonia sposò Cadmo e vissero insieme fino alla vecchiaia e si dice che il loro fu l’unico matrimonio in cui furono invitati tutti gli dei, nessuno escluso.
Marte è forte e spacca la psiche permettendo a desideri, stati d’animo, sentimenti e pensieri di sostenere il conflitto.
Venere è la grande madre ereditata dalla tradizione neolitica; nuda e sontuosamente voluttuosa è la dea creatrice trasformata nel tempo nella più banale dea dell’amore.
Armonia, la figlia, non è una soporifera mescolanza tra i due ma somiglia piuttosto alla corda tesa di una lira; è la tensione fra i due poli prodotta dalla loro forza contrapposta, non dalla loro mescolanza
Riconoscendo, quindi, la nostra aggressività e tenendola in tensione con Amore potremmo abbandonare la nostra hybris di conquistatori di mondi esteriori per rivolgerci all’interiorità e trovarvi lì: Armonia.
Marte e Venere sono pianeti ma non sono solo fuori di noi ma anche dentro di noi; ciò che dobbiamo trovare non è una natura altra dall’umano , ma il tessuto fine di relazioni che ci lega all’ossigeno, all’acqua , ai pesci nell’acqua e persino ai pianeti nel cielo.
Pensare per opposizione tra natura e cultura è solo una delle molteplici possibilità di pensare all’ambiente.
Il totemismo e l’animismo, per esempio, risultano più attenti alle relazioni e alle possibilità di vivere nella tensione tra due opposti.
In questi tempi di transizione sarebbe un errore madornale continuare a pensare nei termini di una rigida opposizione tra natura e cultura; una cultura trionfante e una natura da conquistare e da domare.
Siamo fatti di polvere di stelle il piccolo è uguale al grande, i pianeti del cielo sono anche dentro di noi. Lo dicevano già i filosofi che precedevano i telescopi; non era necessario vederli i pianeti per sentirli risuonare del medesimo ritmo del nostro cuore, figurati se era necessario conquistarli.