Ma in che mondo siamo?

Lockdown si, lockdown no? Io sono vaccinato, io sono no vax. I vaccini causano le varianti, vacciniamoci perché siamo a rischio. No, non vacciniamoci perché la vaccinazione causa varianti. Allora è meglio l’obbligo vaccinale? No, è meglio il green pass; e così via. Sino al punto di accapigliarci l’uno con l’altro convinti di aver capito ed avere, solo noi, in mano la verità. Alla fine, però, sia che ci consideriamo nel giusto sia che siamo dubbiosi ci sorge una domanda: ma in che mondo siamo? Verso che mondo stiamo andando?


Vi racconto una storia, a dire il vero psichiatrica, ma chi non sta, un po’, come i pazzi in questo periodo storico?
Un uomo è convinto di essere morto. Dice ai familiari: “Sono morto:” e i familiari lo mandano da uno specialista. Subito tra medico e paziente incomincia un’accanita discussione. Il medico fa appello ai sentimenti dell’uomo verso la vita, verso la famiglia. Poi prova a farlo ragionare, dimostrandogli l’intrinseca contraddizione di una frase come “Sono morto”: i morti non sono in grado di dire che sono morti, perché è appunto in questo che costituisce l’essere morti. Alla fine il medico ricorre all’evidenza dei sensi. Domanda all’uomo: “I morti sanguinano?”. “Certo che no” risponde l’uomo, spazientito dall’ottusa dabbenaggine della mente dei medici. “Lo sanno tutti che i morti non sanguinano”. Al che il medico gli punge un dito. Ne esce una goccia di sangue. “Ma guarda un po’, chi l’avrebbe mai detto” esclama l’uomo “I morti sanguinano, eccome.”
Questa simpatica storiella si trova in un libro di James Hillman: La vana fuga degli dei, ed è un esempio di ciò che lui chiama letteralismo; cioè la distorsione cognitiva che conduce l’uomo a fidarsi troppo di ciò che vede e poco di ciò che sente e della metafora sottostante.

James Hilmann, La Vana Fufa degli Dei, Adelphi


La prima edizione del libro è del 1991 ma è molto attuale, infatti, in questo periodo storico noi esseri umani cerchiamo di trovare prove e indizi che confermino una teoria a monte, che sta lì un po’ precaria, ma che non riusciamo a mettere in discussione. Più la teoria è concreta e fatta di cose che si toccano e si confermano e più ci pare di avere in tasca la verità, mentre a mio parere ce ne siamo allontanati. Cerchiamo certezze, fatti concreti, vogliamo sapere e cerchiamo in rete il messia o la rivelazione perdendoci nella lettura letterale di ogni evento.
Alcuni giorni fa, quasi per caso il telecomando mi ha guidato verso una serie televisiva dal nome altisonante: Al-Massih, il Messia. Mi sono fermata ed ho iniziato a guardare attratta dal titolo. In fondo in qualche parte remota della mia psiche esiste il desiderio di una facile certezza che mi allontani da questo clima di insicurezza e precarietà e non sono così superba da pensare che questa risoluzione non possa avvenire anche da una serie televisiva. Insomma, lo confesso, la pulsione che mi ha spinto a fermarmi e guardare era la speranza di capire dove stavamo andando. Al-Massih il Messia: si, già dal titolo si prefigurava una vicenda che mi avrebbe dato una spiegazione.
Beh, lo sapevo che questa spiegazione non può esistere ma come tutti gli esseri umani ci speravo.
Nel primo episodio della serie le milizie dell’Isis stanno per entrare a Damasco. Un misterioso uomo in tunica gialla predica nella piazza principale rassicurando la popolazione che Dio li salverà.
A quel punto si alza una tempesta di sabbia e l’Isis non può prendere la città.
L’uomo in tunica gialla è Al-Massih.
Credendo al miracolo la folla lo acclama e poi inizia a seguirlo. Nell’umana speranza di trovare una guida la folla di disperati crede di aver trovato qualcuno che li condurrà verso la verità.
Al-Massih li guida dalla Siria fino al confine con Israele ma poi scompare.
Riappare in Texas davanti ad una chiesa in procinto di essere distrutta. La chiesa, forse per opera sua, non soccombe al tornado che si era abbattuto sulla città.
Sembra un miracolo di Al-Massih.
Quell’evento avrebbero potuto essere casuale ma anche lì la gente inizia a seguirlo aspettandosi un segno più chiaro della sua divinità.
A questo punto vi sarete chiesti ma questo personaggio è Gesù?
Me lo sono chiesto anch’io.
Non lo so.
Non ho ancora finito di vedere la serie e non credo che vedrò la fine anche se mi resterà il dubbio di come se la era cavata il regista a mostrarci un dio nudo e crudo su uno schermo televisivo. Conscia del fatto che il divino non si rivela mai nella trama della vita quotidiana e men che mai si scomoda a dirci dove dovremmo andare ho preso il telecomando e ho spento la televisione.

Scrive Hillman:


…una delle funzioni psicologiche è quella non semplicemente di mortificare o mettere alla prova la fede, ma di prevenire la reazione di credo-non credo, nella quale è insita la pazzia del letteralismo.

Nell’episodio “Pur vedendo non vedono.”
Verso la fine dell’episodio Il Messiah coricato su una branda guarda davanti a sé immobile e inizia un discorso a casaccio.
“C’era la brina stamattina sul terreno.”
Don Iguero, il prete amico a cui Al-Masih aveva salvato la Chiesa, lo prende alla lettera e risponde :”Ha bisogno di coperte può far freddo la notte?”
Al-Masih sdraiato e sempre con lo sguardo perso nel vuoto continua:
“Ho visto un uccellino che beveva la brina sciolta. Un uomo si sarebbe chiesto da dove provenisse tutta quella brina in piena estate ma l’uccellino ha bevuto quel che ha potuto e se ne è andato.”
Poi Al-Masih si alza dalla branda, si gira verso Don Iguero.
Don Iguero perplesso continua a desiderare spiegazioni e chiarezza e dice:
“Le persone, i suoi seguaci non so se li ha visti, sono tantissimi ormai e vogliono sapere cosa succederà
“Chi può sapere cosa succederà?” Risponde Al-Masih con voce ferma.
“Ma io credevo che lei sapesse.” incalza Don Iguero, che vorrebbe sapere se è davvero il dio che tutti si aspettino che sia.
Impercettibilmente le spalle di Don Iguerio crollano verso il basso come una impalcatura che non regge più l’incertezza del terreno.
“No io non posso.” Risponde Al-Masih “Tu mi hai portato qui. Chi ti ha chiesto di fare questo?”
“Non lo so, l’ho fatto e basta.”replica Don Iguero.
“Come quell’uccellino.” Conclude Al-Masih

MESSIAH, scena della serie TV NETFLIX

Al-Masih sottolinea, quindi che affidarsi al caso o all’intuizione non è una scelta irrazionale ma naturale.
A questo punto decidono di andare, Don Iguero guida la colonna di auto. La gente che non sa dove andare è tanta e ogni giorno la fila cresce sino a diventare un serpente di auto.
Dove andranno?
E chi lo sa?
In conclusione: Dove andiamo?
Non lo sappiamo
L’importante è non fare come il signore un pò nevrotico della prima storiella che facendosi guidare dalla ragione e dalla logica cade in errore.
Se alla fine del film, che non ho visto, il divino si fosse rivelato e avesse condotto la fila in una terra promessa sarebbe stato un gran brutto film.
I misteri rivelati finiscono con l’essere grotteschi.
A questo punto meglio fermarsi prima della fine e farci guidare dalla poesia, dal mistero, dalla metafora.
Teniamo vivo il dialogo con noi stessi; coltiviamo il dubbio, facciamo esercizio di chiaroscuro, insicurezza, rassegnazione.
Le idee fisse, gli ideali monolitici sono comici e buffi come la storiella raccontata all’inizio.
Se è il caso: non arriviamo alla fine di qualcosa che avevamo iniziato, interrompiamo un film o qualcosa che ci sembrava importante da finire e andiamo a fare qualcos’altro.
Ricordandoci che anche la fine non è per sempre.

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